Mai avrei pensato che una mia dichiarazione di poche righe su un argomento che tutto sommato riguarda il quotidiano vivere a Cassina de Pecchi, l'accattonaggio, avrebbe suscitato così tanto interesse. Se siete sui social, se vi capita di leggere i giornali locali e se vivete anche in minima parte i fatti che ci riguardano da vicino, avrete notato che più d'uno, sopratutto chi politicamente ha "poco a che fare" con me, ha commentato positivamente quanto da me affermato, sostenendomi, incitandomi, addirittura applaudendo. Ancora oggi, a più di 10 giorni di distanza, ricevo messaggi di approvazione da parte di chi nemmeno mi sarei immaginato, che chiedono in sostanza di andare avanti sulla strada del "fare qualcosa".
Contrariamente a quanto starete pensando, la cosa non mi piace per nulla. Perché quanto da me sostenuto, nella sua semplicità, è la denuncia di una situazione che a Cassina de Pecchi e nel resto d'Italia non va, non funziona. Sapere di "avere ragione" perché dico che è insostenibile ospitare un gruppo di sfruttati che elemosinano fuori dal supermercato non mi rende felice. Se devo dirla tutta la cosa mi fa incazzare ancora di più. Arrendersi all'idea di non essere in grado di fermare un'ingiustizia che si protrae nel tempo sotto casa nostra è davvero avvilente.
Mi fa sentire impotente, come uomo, come padre, come Amministratore Pubblico.
Lo dico oggi, 10 Ottobre 2017, nel cinquantesimo anniversario della scomparsa di un Eroe d'altri tempi, quel Ernesto "Che" Guevara che voleva combattere ogni ingiustizia perché "una sola ingiustizia compiuta in un luogo del mondo è un'ingiustizia compiuta in tutto il Mondo". E oggi noi a Cassina de Pecchi viviamo una ingiustizia. Un'ingiustizia che è un sopruso e una limitazione della Libertà, come quella che il Che combatteva. Un'ingiustizia che si manifesta attraverso questi disperati, lasciati alle porte dell'Unes o sotto i portici in Centro a raccattare soldi per qualche criminale che non si preoccupa di sfruttare uomini, donne (anche gravide), minori. Restare a guardare non fa per me: se mi fossi accontentato di avere ribrezzo per queste persone, di ignorarle, di lamentarmene al bar o su Facebook non mi sarei mai candidato al Consiglio Comunale.
Vi chiedo di credermi, nonostante l'idea di fondo che ognuno di noi ha sulla politica e sui "politici", anche quelli che stanno a Cassina de Pecchi. Ho messo sul tavolo il tema accattonaggio e non mi arrenderò fino a quando questa ingiustizia non sarà interrotta. Prendere queste persone e accompagnarle alle porte del Paese: questo è quel che il Daspo ci permette di fare. Perchè si governa per il bene di tutti. E il bene di tutti passa anche (forse soprattutto) da luoghi sicuri, puliti e piacevoli.
Se la scelta e' tra la sicurezza dei nostri cittadini e la compassione per questa gente, non ho dubbi da che parte stare.
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