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domenica 26 febbraio 2017

Opportunità invece che precarietà. I buoni lavoro non sono la risposta.

Prima di affrontare l'argomento di questo articolo sfatiamo subito un mito. Il Comune di Cassina de Pecchi utilizza i buoni lavori per piccole e saltuarie prestazioni e attraverso un Bando Pubblico che ha selezionato nel 2015 e nel 2016 un contenuto numero di lavoratori idonei a svolgere tali attività. Questo solo per dire che il nostro Comune non c'entra nulla con lo spropositato utilizzo dei voucher di cui si parla sui giornali in questi giorni. C'è però chi cerca sempre lo scandalo e allora utilizza anche questo falso argomento per creare caos. Ma noi andiamo avanti. E, a tal proposito, attraverso questo blog, volevo snocciolare qualche numero sul tema del Lavoro oggi in Italia. 

Non so quale sia il giudizio di chi sta leggendo queste righe in questo momento. Vi dico la mia: io penso che vi è stata e che vi è in corso una gran rivoluzione in senso peggiorativo delle condizioni del Lavoro. Non negli ultimi anni, non con il Governo Renzi, ma ormai e ahimè è una costante degli ultimi decenni. Ci sono cresciuto con questo "stato di fatto": il Lavoro manca, per tanti. Il tasso di disoccupazione si attesta intorno al 12% (negli Stati Uniti o in Germania è fermo da tempo al 4-5%). Il Lavoro manca, sopratutto per i giovani: i dati dicono di un 41% di disoccupazione giovanile. Il Lavoro quando c'è è precario, sotto pagato, sfruttato. Ve lo dice uno che è precario da quando ha perso, per la seconda volta in vita sua, un lavoro stabile. 
Oggi, la nuova frontiera, in questa brutta situazione, sembra essere quella appunto dei voucher, i famigerati "buoni lavoro" dell'Inps a cui ricorrono tantissime Aziende italiane, grandi o piccole che siano.

Intanto, un po di storia. I voucher vengono introdotti nel 2003 con l'obiettivo di remunerare forme di lavoro o collaborazione, come le pulizie, le ripetizioni scolastiche, per i lavori stagionali o nel settore del turismo. Come funziona? il Datore di lavoro acquista i voucher dal valore di 10 euro attraverso i quali "paga" la prestazione lavorativa. Al lavoratore vanno in tasca 7,5 euro e i restanti 2,5 euro vanno a Inail e Inps, che in cambio forniscono una copertura contributiva e assicurativa. Nel corso degli anni tre Governi sono intervenuti, dal 2003 ad oggi, modificando la normativa sui voucher: dapprima Berlusconi, poi Fornero e infine Renzi, che ha alzato, quest'ultimo, da 5000 a 7000 euro netti la cifra massima che un lavoratore può acquisire in un anno attraverso voucher. In sostanza negli ultimi 13 anni il ricorso ai Buoni Lavoro in Italia è aumentato a dismisura e abbraccia qualsiasi tipologia di occupazione, a differenza dei primi anni in cui le categorie erano poche e ristrette a determinate tipologie. 
Alcuni numeri: 140 milioni di ore retribuite attraverso voucher nel 2016, un incremento del 32% rispetto al 2015 e del 67% nel 2015 rispetto al 2014. E' evidente che qualcosa non funziona e che bisogna intervenire per invertire questa tendenza, snaturata rispetto a quanto pensato all'inizio (per chi ne volesse sapere di più suggerisco la lettura di questo articolo molto dettagliato). 

I voucher, e l'abuso nel loro utilizzo, non possono essere la risposta dello Stato e delle Istituzioni alla condizione grave del Lavoro oggi in Italia. Se pensiamo questo significa che abbiamo perso la battaglia fin dal principio. Di fronte a una disoccupazione e a una precarietà crescente servono strumenti e politiche diverse, perchè dietro ai 140 milioni di ore di lavoro retribuito con i voucher si nascondono altrettante (e forse più) ore di lavoro in nero, sottopagato, non pagato..ed è li che dobbiamo intervenire. 
Per ora mi fermo qui, dicendovi che non mi arrendo a un Paese che umilia le speranze dei giovani, che lascia sul lastrico i 50enni che perdono l'occupazione, che crede che il jobs Act sia la sola strada percorribile. Nelle prossime settimane ne parlerò ancora, alla prossima.

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